Port Moresby (Papua Nuova Guinea). Dal 6 al 9 settembre 2024, nella 2a tappa del suo 45° viaggio apostolico, dopo aver lasciato Giacarta e la popolazione indonesiana, Papa Francesco è messaggero di pace, fraternità e speranza in Papua Nuova Guinea.

Nel Santuario Maria Ausiliatrice di Port Moresby, dove il 7 settembre il Papa ha incontrato Vescovi, sacerdoti, diaconi, consacrati e consacrate, seminaristi e catechisti, non potevano mancare le Figlie di Maria Ausiliatrice dell’Ispettoria S. Maria D. Mazzarello (FIL), che collaborano con i Salesiani di Don Bosco in parrocchia e al Don Bosco Technical Institute nell’educazione dei giovani papuani, e che gestiscono e animano l’ostello con 120 studentesse. Per l’occasione, il Santuario è stato addobbato dalle FMA e dai Salesiani con gli studenti e il personale.

Dopo le testimonianze, il Papa ha iniziato il suo discorso ricordando le sue origini salesiane: “Questo è un Santuario diocesano dedicato a Maria Aiuto dei Cristiani: Maria Ausiliatrice – io sono stato battezzato nella parrocchia di Maria Ausiliatrice a Buenos Aires – un titolo tanto caro a San Giovanni Bosco; Maria Helpim, come con affetto la invocate qui. Quando, nel 1844, la Madonna ispirò a don Bosco di costruire a Torino una chiesa in suo onore, gli fece questa promessa: ‘Qui è la mia casa, da qui la mia gloria’. (…) Così il bel Santuario in cui ci troviamo, che si ispira a quella storia, può essere un simbolo anche per noi, particolarmente in riferimento a tre aspetti del nostro cammino cristiano e missionario, come hanno sottolineato le testimonianze che abbiamo ascoltato: il coraggio di cominciare, la bellezza di esserci e la speranza di crescere”.

L’8 settembre, ancora nel cuore della notte, le FMA, con una quarantina di ragazze dell’Istituto tecnico Maria Ausiliatrice, hanno raggiunto lo stadio Sir John Guise, gremito di gente. Lì hanno atteso il Santo Padre per la Celebrazione Eucaristica. “Anche a voi oggi il Signore dice: ‘Coraggio, non temere, popolo papuano! Apriti! Apriti alla gioia del Vangelo, apriti all’incontro con Dio, apriti all’amore dei fratelli’. Che nessuno di noi rimanga sordo e muto dinanzi a questo invito”, ha detto nell’omelia della Messa domenicale. E ancora: “Apriti! Questa è la cosa più importante: aprirci a Dio, aprirci ai fratelli, aprirci al Vangelo e farlo diventare la bussola della nostra vita”.

Nell’Angelus ha poi invocato la Vergine Maria con i titoli di Aiuto dei Cristiani e Regina della Pace: “A lei affido il cammino della Chiesa in Papua Nuova Guinea e nelle Isole Salomone. Maria aiuto dei cristiani – Maria Helpim vi accompagni e vi protegga sempre: rafforzi l’unione delle famiglie, renda belli e coraggiosi i sogni dei giovani, sostenga e consoli gli anziani, conforti i malati e i sofferenti! (…) Maria Helpim, Regina della pace, aiutaci a convertirci ai disegni di Dio, che sono disegni di pace e di giustizia per la grande famiglia umana!”.

Nello stesso stadio, il giorno successivo, le FMA con le studenti della scuola e dell’ostello hanno vissuto un altro momento particolarmente significativo: l’incontro di Papa Francesco con i giovani, che si è svolto in un’atmosfera di festa, dove i colori vivaci degli abiti tradizionali, la musica e le danze locali hanno reso omaggio alla ricca cultura del Paese. Questa celebrazione di identità e diversità ha sottolineato l’importanza del messaggio di unità del Papa, dimostrando come la fede possa fungere da ponte tra le differenti comunità. Coinvolgenti sono state anche le testimonianze, che hanno toccato tante realtà giovanili talvolta drammatiche, mantenendo però sempre viva la speranza e il desiderio di affrontare le sfide.

Il messaggio centrale nel Discorso del Papa “Siate wantok dell’amore” – ha risuonato forte e chiaro tra le migliaia di giovani riuniti nello stadio. In un Paese caratterizzato da profonde diversità culturali e linguistiche, Papa Francesco ha esortato i giovani a farsi ambasciatori di amore e riconciliazione, capaci di trasformare il futuro della loro terra. Li ha invitati a imparare a parlare “la lingua dell’amore”, un appello che ha assunto un significato particolarmente profondo, in un contesto come quello della Papua Nuova Guinea, spesso segnato da conflitti tribali e violenza. Il termine “wantok” – che in lingua tok pisin rappresenta “un gruppo di persone con cui si condividono linguaggio e legami” – è diventato il simbolo di un messaggio universale: essere uniti nell’amore, superare le divisioni e costruire un futuro di pace.

Jessica Isufu, giovane collaboratrice ed Exallieva dell’ostello femminile gestito dalle FMA di Port Moresby, ha condiviso: “Papa Francesco è stato di grande testimonianza: nonostante l’età e le condizioni di salute, si è sacrificato per raggiungere i lontani. Era desideroso di incontrare, salutare e parlare con il suo sorriso a tutti. Ha davvero riunito tutti nel loro entusiasmo di vederlo da vicino, di toccarlo e di parlargli”. Per la popolazione papuana, vedere arrivare Papa Francesco, che vive a oltre 14.000 chilometri di distanza, è stato infatti un evento inimmaginabile, quasi miracoloso, un’esperienza irripetibile, vissuta con un senso profondo di meraviglia e gratitudine. Giovani e anziani lo hanno accolto con emozione, come se nelle sue parole e gesti potessero percepire Cristo stesso tra loro.

La preparazione e lo svolgimento degli eventi legati alla visita papale hanno creato un clima di collaborazione che ha toccato profondamente la comunità religiosa ed educativa. Le suore e gli educatori coinvolti nell’organizzazione condividono le loro riflessioni:

“Papa Francesco ha incarnato ciò di cui parlava nei suoi incontri: la compassione, la tenerezza e la vicinanza di Dio”, ha commentato una FMA coinvolta nell’organizzazione. “Il suo essere umano e compassionevole, unito al forte senso dell’umorismo, ha permesso ai giovani di accogliere il suo messaggio e le raccomandazioni, anche quando si trattava di affrontare le difficoltà e risollevarsi dal peccato. È davvero un uomo santo che ci indica Dio”.

“I tre giorni pieni di grazia hanno mostrato un legame naturale tra Papa Francesco e i giovani, che hanno ascoltato con attenzione le sue parole. Ha detto che è normale commettere errori, ma che l’importante è rialzarsi e aiutare gli altri a fare lo stesso”, afferma un altro membro della comunità educante.

Una neo-missionaria ha definito la visita una “grazia speciale” per iniziare la sua missione in Papua: “Ho sentito la voce di Dio che mi parlava direttamente attraverso la mediazione di Papa Francesco. Gli incontri con lui sono stati momenti di benedizione e mi hanno dato nuova speranza e coraggio per lavorare con e per gli amati figli di Dio in questa umile terra”.

Un aspetto che ha colpito profondamente chi ha incontrato Papa Francesco è il suo atteggiamento semplice e accogliente: “La visita è stata davvero straordinaria. Mi ha colpito per la sua semplicità e concretezza. Mi ha colpito molto quando ha detto che, nonostante gli 800 dialetti del Paese, è possibile creare amicizia e amore tra tutti, e vivere questo amore nelle famiglie e nelle comunità”.

“La sua visita ha avuto caratteristiche molto salesiane: spontaneità e familiarità. Il Papa è generoso nel rispondere ai saluti e ai gesti di amicizia e di apprezzamento della gente” – hanno aggiunto le suore salesiane – “È un vero pastore che si fa vicino al suo gregge. La sua santità è tangibile e ci ha trasmesso tenerezza, vicinanza e compassione”.

E ancora: “La sua visita è stata una conferma della gioia e della bellezza di essere cattolici. Il Papa ha dimostrato che la Chiesa ascolta e raggiunge tutti nelle periferie. La sua venuta ha favorito l’unità e la collaborazione di persone diverse che sono legate dall’esperienza di Dio attraverso il Papa come vicario di Cristo”.

L’appello del Papa è già stato accolto da molti giovani: “Ho ricevuto una grandissima benedizione e desidero accettare la sfida di essere ‘wantoks’ dell’amore, che raccolgono tutti coloro che cadono e, se sono caduto, di rialzarmi e ricominciare da capo per poter aiutare gli altri a vivere rinnovati”.

“Chiediamo allo Spirito, che ha riempito i nostri cuori di gioia e di gratitudine, di guidare i nostri piedi a camminare, a vivere concretamente la chiamata a perdonare e a costruire la pace a partire dalle nostre case e villaggi, comunità e città”, è il desiderio di impegno e di conversione che sgorga dai cuori.

Le parole pronunciate all’inizio di questo incontro sono anche un congedo da questa terra colmo di speranza, prima di rimettersi in cammino per raggiungere Timor Est:

“Sono felice di questi giorni trascorsi nel vostro Paese, dove convivono mare, montagne e foreste tropicali; ma soprattutto un Paese giovane abitato da tanti giovani! E il volto giovane del Paese abbiamo potuto contemplarlo tutti, anche attraverso la bella rappresentazione che abbiamo visto qui. Grazie! Grazie per la vostra gioia, per come avete narrato la bellezza di Papua ‘dove l’oceano incontra il cielo, dove nascono i sogni e sorgono le sfide; e soprattutto grazie perché avete lanciato a tutti un augurio importante: ‘affrontare il futuro con sorrisi di speranza!’. Con sorrisi di gioia. Cari giovani, non volevo ripartire da qui senza incontrarvi, perché voi siete la speranza per il futuro“.

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